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Scienza e vergogna
L’Università di Torino e le leggi razziali
Torino, Palazzo del Rettorato, via Po 17 / via Verdi 8, Sala Athenaeum, Biblioteca Storica “Arturo Graf”
16 novembre 2018 - 28 febbraio 2019
Orario: lunedì-venerdì 10-18
Aperture straordinarie: sabato 17 novembre
e sabato 8 dicembre, 10-18
Ingresso gratuito
La mostra, organizzata dall’Università di Torino nell’ambito del progetto 1938-2018. A 80 anni dalle leggi razziali, esprime la consapevolezza del drammatico rapporto che l’Ateneo torinese ebbe con questo momento cruciale della storia del nostro Paese. L’Università di oggi si identifica con le vittime – tra cui campeggia il nome di Rita Levi Montalcini –, le commemora e le ricorda. L’Università di allora è giustificatrice ed esecutrice delle leggi razziali: il mondo accademico coopera a definire il quadro pseudo-scientifico che prepara le leggi. L’Ateneo esegue amministrativamente con zelo la cacciata dei discriminati e accoglie chi ne prende il posto. Inoltre, attraverso il suo corpo studentesco e docente sostiene la propaganda e la mobilitazione razzista, aggiungendo un surplus di odio nei confronti delle vittime.
La mostra offre un percorso espositivo di immersione nella realtà dell’
Università di Torino tra il 1938 e i primi anni della ricostruzione post bellica
.
Le persone prima delle cose: lo
scalone d’accesso ricorda
, nella successione delle alzate dei gradini,
i nomi delle 58 persone che furono private del loro lavoro
a causa delle leggi razziali. Sono proprio queste ultime a segnare l’ingresso della mostra. A seguire, nella prima sala, un ampio pannello e documenti originali ricostruiscono il quadro normativo e prescrittivo, cui i vertici dell’Ateneo diedero attuazione con espulsioni, sostituzioni, emarginazione, per ubbidire alle decisioni governative. Il grande ritratto di Vittorio Emanuele III, cofirmatario dei decreti, campeggia sullo sfondo a fianco di un’installazione audio che riprende il
discorso inaugurale del rettore Azzo Azzi in cui si fa esplicito riferimento alle leggi fasciste
. Lì vicino, testi scientifici dedicati alla questione razziale ricordano il dibattito che, in un contesto ben diverso da quello della dittatura, si era sviluppato su questo tema fin dal secondo Settecento.
Nel corpo centrale del percorso ritroviamo le
biografie degli espulsi
: vite professionali improvvisamente e drammaticamente troncate, costrette a cercare nuove strade in risposta alla crisi provocata dal regime, o a subire persecuzioni che per alcuni si conclusero tragicamente. Strumenti scientifici e libri sono testimonianza delle ricerche forzatamente interrotte, oppure proseguite altrove in situazioni difficili, ma anche delle possibilità che si aprirono per alcuni che espatriarono, come nel caso di Rita Levi Montalcini. Troviamo inoltre le vicende degli studenti, divise tra gli ebrei cui fu permesso di concludere gli studi ma in condizioni di emarginazione, e quanti, appartenenti alle organizzazioni fasciste, aderirono entusiasticamente alla svolta razzista della dittatura. A questa adesione è accostata quella dei docenti dell’Ateneo che collaborarono alla produzione di una “scienza” razzista, del tutto priva di contenuti scientifici e di valori morali. Sono inoltre ricordate le
vicende di quanti subentrarono agli espulsi
, tra cui troviamo sia sostenitori del regime dallo scarso profilo accademico, sia studiosi di valore. Il crollo del regime e l’occupazione nazista, simboleggiati dalle fotografie degli spazi del Rettorato danneggiati dai bombardamenti, aprono sulla conclusione di questa drammatica vicenda. Non tutti coloro che erano stati espulsi rientrarono nell’Ateneo con la Liberazione, e chi lo fece in alcuni casi fu costretto a una difficile convivenza accademica con chi lo aveva sostituito.
L’ultima parte della mostra, infine,
offre un tributo agli studi di alcuni docenti
che subirono questa vergognosa ingiustizia, mentre uno specifico approfondimento è dedicato alle conoscenze attuali sulla specie umana che
evidenzia la caduta di ogni fondamento biologico del concetto di razza
.
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